Tuesday, September 24, 2013

L’educazione è pratica della libertà



Nel pomeriggio, con l’intervento del prof. Roberto Mancini, docente di Filosofia teoretica all’Università degli Studi di Macerata, si entra nella sezione fondativa del Seminario.
Il prof. Mancini, al termine della sua relazione ci invita a non essere “sgomente” non solo per la lunghezza - dice -, ma per la grandezza del compito educativo che ci sovrasta col rischio di sentirci inadeguate, incapaci.
Ci “consola” con una frase del teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer che, qualche giorno prima di essere ucciso dai nazisti, scrive ad un amico:  “Lascia alle spalle la tua paura e guarda il nuovo inizio che ti è dato”.
«Voi - afferma -, a cui stanno a cuore le nuove generazioni potete comprendere appieno la profondità di questa espressione».
Nella sua ricca e appassionata esposizione, il prof. Mancini considera le dimensioni della filialità contestualizzandole e aprendole alla prospettiva evangelica e lo fa riflettendo sul significato del divenire figlie e figli di Dio seguendo la via aperta da Gesù di Nazareth; individuando le tracce della coscienza della filialità rinvenibili nella cultura contemporanea; interrogandosi circa le implicazioni salienti per la nostra concezione dell’educazione e per il tipo di azione che ne consegue.
Non è facile sintetizzare quanto ha comunicato, scegliamo di concentrarci sull’ultimo aspetto: rivedere il concetto di educazione, perché è più vicino al nostro vissuto.
«Si tratta - ci dice - di ripensare l’educazione, in quanto più che di “educare alla filialità”, si pone l’esigenza di “educare nella filialità”. Ciò significa che soltanto in un contesto in cui qualcuno ha già aderito alla vera condizione di figlia o di figlio diventa possibile condividere il dinamismo di questa trasformazione del modo di esistere, nonché di pensare se stessi e gli altri».
Questo significa non solo e-ducere, cioè tirare fuori, ma preparare i giovani all’incontro con le forze educative del mondo: la natura, la cultura, con tutto ciò che può farli crescere in umanità. Nell’ottica del cristianesimo è qui incluso evidentemente l’incontro con l’amore di Dio, con la Parola, con i segni concreti della vita cristianamente trasformata, con coloro che sanno renderlo trasparente nei contesti della quotidianità. Allo stesso tempo, educare significa aiutare qualcuno a completare la propria nascita, svolgendo un’azione maieutica e liberante: liberare le persone e la loro capacità di amare.
L’istanza finale per Mancini è quella «di diventare persone capaci di esistere con e per amore. Persone così umanizzate da consentire finalmente quella conversione corale per cui, invece del potere, potrà essere l’amore liberante a dare forma tanto all’esistenza dei singoli quanto alla convivenza sociale. Ciò rappresenta una svolta storica profondissima, di cui l’umanità non è a priori incapace».
Don Bosco diceva che l’educazione è “cosa di cuore”. Siamo in sintonia!

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