Con
la giornata di oggi ci introduciamo nella sessione Educarci per educare alla filialità, presieduta da sr. Giuseppina
Teruggi, Consigliera generale per la Comunicazione sociale. In questa sessione sono
previsti quattro interventi da altrettante prospettive: filosofia
dell’educazione, teologia dell’educazione e pedagogico-carismatica. Gli
approcci dei giorni precedenti (antropologico, psicologico, biblico-teologico)
oggi entrano in dialogo con le prospettive pedagogiche: come tradurre queste
letture in azione educativa e formativa?
Questa
è la domanda a cui cercheremo di rispondere oggi.
Il
primo apporto è quello di sr. Maria Spólnik, Docente di Filosofia
dell’educazione e di Antropologia filosofica alla Facoltà, che svolge il tema: Verso l’educazione alla filialità oggi.
Scommettere sulla verità, sull’amore e sull’educazione.
Obiettivo
della sua relazione è aiutare a fondare la riflessione sull’educazione alla
filialità oggi, per educarci ed educare alla filialità, perché «in quanto
figlie e figli si nasce ma anche si diventa. Prima di pensare a come educare è infatti importante sapere
chi è colei/colui che vogliamo
educare e perché, a quale fine
educare. In secondo luogo è opportuno premettere che l’educazione, nella sua essenza
è, fondamentalmente un’esperienza, un evento che accade nell’interiorità della
persona, un passare effettivo e graduale da essere persona in potenza alla sua
attuazione compiuta come persona completa».
Sr.
Maria indica alcune vie per educare alla filialità oggi, poiché «Se al centro
della riflessione e dell’attuazione dell’educazione vi è la persona umana, le
indicazioni essenziali per accompagnare il processo si debbono desumere, in
primis, dall’antropologia stessa. Ecco qualche pista concreta:
- Potenziare l’
unicità della persona umana nella relazione: l’origine dell’uomo è segnata
fortemente da un connotato dialogico, da un rapporto personale io-tu. Il “vivere incontri” è quindi l’essenza di
ogni rapporto educativo, capace di guardare, trattare, custodire l’altro sempre
come “tu”, come persona, mai come
oggetto o strumento e ritrovare il legame con Dio, il primo nell’ordine
ontologico, il fondamento, l’Origine. Indubbiamente si incontra l’altro se si
sceglie di farlo.
- Riscoprire e
riappropriarsi della propria condizione creaturale imparando a esistere con
responsabilità.
L’antropologia
della creaturalità offre un’angolatura interessante per superare la tendenza
dell’uomo sia a considerarsi autosufficiente sia a interpretarsi in modo
naturalistico riduttivo; in quanto categoria riconosciuta da diverse culture e
religioni essa diventa anche luogo di incontro e di assunzione della
corresponsabilità della storia. Da un punto di vista educativo questa antropologia
offre alcune piste e orientamenti osservando quei tratti che costituiscono
tutti noi: unicità autocosciente, soggettività stratificata, relazionalità,
reciprocità, creatività culturale, vulnerabilità radicale, futurità
consapevole, universalità coltivata.
- Promuovere lo
sviluppo dell’integrità personale nella buona reciprocità: Si tratta di educare
una persona ad arrivare ad una maggiore coesione, unicità, sintesi,
integrazione, mediante una buona reciprocità. La reciprocità - non riducibile a
simmetria, simultaneità, complementarietà, scambio - accade solo grazie alla
pienezza della relazione, nella quale ciascuno è presenza viva per l’altro e
condivide liberamente ciò che è, che sente, che sa, che ha.
- Apprendere un amore
creativo: Nella
riflessione antropologica contemporanea emerge la consapevolezza del valore
centrale e umanizzante dell’amore. La vera nascita della persona è la nascita
dall’amore. L’uomo ha bisogno di comprendere il vero senso dell’amore e di
imparare a sceglierlo ripetutamente, perché in tal modo rinasce dal di dentro,
“diventa” momento per momento.
Nelle
ultime battute del suo intervento, sr. Maria dopo aver chiarito il senso
dell’educazione, afferma che «se ogni persona, certamente, deve decidere in
proprio la sua educazione, tuttavia l’atto educativo richiede la presenza di
educatori interiormente maturi, visibilmente lieti, consapevoli, responsabili,
presenti, relazionali, dialogici. Diceva Seneca a suo figlio: «Scegli, come
aiuto, un uomo del quale ammiri maggiormente le azioni che le parole”».
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