Thursday, September 26, 2013

Educare alla filialità: scommettere sulla verità, sull’amore e sull’educazione



Con la giornata di oggi ci introduciamo nella sessione Educarci per educare alla filialità, presieduta da sr. Giuseppina Teruggi, Consigliera generale per la Comunicazione sociale. In questa sessione sono previsti quattro interventi da altrettante prospettive: filosofia dell’educazione, teologia dell’educazione e pedagogico-carismatica. Gli approcci dei giorni precedenti (antropologico, psicologico, biblico-teologico) oggi entrano in dialogo con le prospettive pedagogiche: come tradurre queste letture in azione educativa e formativa?
Questa è la domanda a cui cercheremo di rispondere oggi.

Il primo apporto è quello di sr. Maria Spólnik, Docente di Filosofia dell’educazione e di Antropologia filosofica alla Facoltà, che svolge il tema: Verso l’educazione alla filialità oggi. Scommettere sulla verità, sull’amore e sull’educazione.
Obiettivo della sua relazione è aiutare a fondare la riflessione sull’educazione alla filialità oggi, per educarci ed educare alla filialità, perché «in quanto figlie e figli si nasce ma anche si diventa. Prima di pensare a come educare è infatti importante sapere chi è colei/colui che vogliamo educare e perché, a quale fine educare. In secondo luogo è opportuno premettere che l’educazione, nella sua essenza è, fondamentalmente un’esperienza, un evento che accade nell’interiorità della persona, un passare effettivo e graduale da essere persona in potenza alla sua attuazione compiuta come persona completa».

Sr. Maria indica alcune vie per educare alla filialità oggi, poiché «Se al centro della riflessione e dell’attuazione dell’educazione vi è la persona umana, le indicazioni essenziali per accompagnare il processo si debbono desumere, in primis, dall’antropologia stessa. Ecco qualche pista concreta:
- Potenziare l’ unicità della persona umana nella relazione: l’origine dell’uomo è segnata fortemente da un connotato dialogico, da un rapporto personale io-tu. Il “vivere incontri” è quindi l’essenza di ogni rapporto educativo, capace di guardare, trattare, custodire l’altro sempre come “tu”, come persona, mai come oggetto o strumento e ritrovare il legame con Dio, il primo nell’ordine ontologico, il fondamento, l’Origine. Indubbiamente si incontra l’altro se si sceglie di farlo.
- Riscoprire e riappropriarsi della propria condizione creaturale imparando a esistere con responsabilità.
L’antropologia della creaturalità offre un’angolatura interessante per superare la tendenza dell’uomo sia a considerarsi autosufficiente sia a interpretarsi in modo naturalistico riduttivo; in quanto categoria riconosciuta da diverse culture e religioni essa diventa anche luogo di incontro e di assunzione della corresponsabilità della storia. Da un punto di vista educativo questa antropologia offre alcune piste e orientamenti osservando quei tratti che costituiscono tutti noi: unicità autocosciente, soggettività stratificata, relazionalità, reciprocità, creatività culturale, vulnerabilità radicale, futurità consapevole, universalità coltivata.
- Promuovere lo sviluppo dell’integrità personale nella buona reciprocità: Si tratta di educare una persona ad arrivare ad una maggiore coesione, unicità, sintesi, integrazione, mediante una buona reciprocità. La reciprocità - non riducibile a simmetria, simultaneità, complementarietà, scambio - accade solo grazie alla pienezza della relazione, nella quale ciascuno è presenza viva per l’altro e condivide liberamente ciò che è, che sente, che sa, che ha.
- Apprendere un amore creativo: Nella riflessione antropologica contemporanea emerge la consapevolezza del valore centrale e umanizzante dell’amore. La vera nascita della persona è la nascita dall’amore. L’uomo ha bisogno di comprendere il vero senso dell’amore e di imparare a sceglierlo ripetutamente, perché in tal modo rinasce dal di dentro, “diventa” momento per momento.

Nelle ultime battute del suo intervento, sr. Maria dopo aver chiarito il senso dell’educazione, afferma che «se ogni persona, certamente, deve decidere in proprio la sua educazione, tuttavia l’atto educativo richiede la presenza di educatori interiormente maturi, visibilmente lieti, consapevoli, responsabili, presenti, relazionali, dialogici. Diceva Seneca a suo figlio: «Scegli, come aiuto, un uomo del quale ammiri maggiormente le azioni che le parole”».

No comments:

Post a Comment