Nella
seconda parte della mattinata, è il Prof. Romano Penna, della Pontificia
Università Lateranense, a introdurci nell’approfondimento della categoria della
filialità. Lo fa dal punto di vista biblico teologico puntualizzando i tre
livelli/aspetti della filiazione nel Nuovo Testamento.
«Nel cristianesimo è impossibile parlare della
filiazione del credente/cristiano senza relazionarla alla paternità di Dio. Il Nuovo
Testamento dimostra di essere erede di altre concezioni preesistenti: di esse
da una parte si appropria e, dall’altra, vi costruisce sopra una nuova idea di
paternità/filiazione.
Vi troviamo infatti documentati tre livelli o tre
diverse modalità del suo manifestarsi: l’una è di derivazione pagana e riguarda
la paternità/filiazione universale; l’altra è di origina giudaica e riguarda la
paternità/filiazione limitata nei confronti di Israele e, dunque, dei discepoli
di Gesù; la terza, di origine prettamente cristiana, concerne la peculiare
paternità di Dio nei confronti di Gesù Cristo stesso come Figlio».
Senz’altro, «per il cristiano - conclude il Prof.
Penna - la paternità di Dio non si misura più primariamente in rapporto
all’universo o a un popolo specifico, ma in rapporto a Gesù Cristo: diventato
per il battesimo figlio nel Figlio, egli, nel Figlio chiamerà “Abbà”! La fede
in Gesù come unico Figlio di Dio in pienezza è il fattore che permette al
cristiano di considerare sia la specifica paternità di Dio nei confronti dei
battezzati sia la sua indistinta paternità nei confronti di tutti gli uomini».
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