Wednesday, September 25, 2013

Filialità è poter chiamare Dio “papà”


Nella seconda parte della mattinata, è il Prof. Romano Penna, della Pontificia Università Lateranense, a introdurci nell’approfondimento della categoria della filialità. Lo fa dal punto di vista biblico teologico puntualizzando i tre livelli/aspetti della filiazione nel Nuovo Testamento.

«Nel cristianesimo è impossibile parlare della filiazione del credente/cristiano senza relazionarla alla paternità di Dio. Il Nuovo Testamento dimostra di essere erede di altre concezioni preesistenti: di esse da una parte si appropria e, dall’altra, vi costruisce sopra una nuova idea di paternità/filiazione.

Vi troviamo infatti documentati tre livelli o tre diverse modalità del suo manifestarsi: l’una è di derivazione pagana e riguarda la paternità/filiazione universale; l’altra è di origina giudaica e riguarda la paternità/filiazione limitata nei confronti di Israele e, dunque, dei discepoli di Gesù; la terza, di origine prettamente cristiana, concerne la peculiare paternità di Dio nei confronti di Gesù Cristo stesso come Figlio».

Senz’altro, «per il cristiano - conclude il Prof. Penna - la paternità di Dio non si misura più primariamente in rapporto all’universo o a un popolo specifico, ma in rapporto a Gesù Cristo: diventato per il battesimo figlio nel Figlio, egli, nel Figlio chiamerà “Abbà”! La fede in Gesù come unico Figlio di Dio in pienezza è il fattore che permette al cristiano di considerare sia la specifica paternità di Dio nei confronti dei battezzati sia la sua indistinta paternità nei confronti di tutti gli uomini».

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