Quali
ricadute avrà il Seminario sul vissuto delle vostre Associazioni?
Noemi
– Devo dire un “grazie enorme” perché è stato un dono bellissimo poter
partecipare, unito al piacere di condividerlo con le fma. Ho partecipato al
laboratorio della Formazione. Come idea forza abbiamo indicato quella di
recuperare il discorso della filialità liberandolo da quei tradizionalismi che
l’hanno schiacciato e recuperarne invece il senso profondo. Una filialità che è
interiorità e riconciliazione, prima di tutto con noi stesse: a volte non
perdoniamo gli altri perché non siamo capaci di perdonare noi stessi. Senza
questo percorso “ad intra” non possiamo tentare nulla “ad extra”. E questo vale
per tutti.
Paola
- Nel gruppo della pastorale abbiamo indicato come idea forza quella di educare
“alla” filialità “nella” filialità: è una sfumatura non da poco. Sentiamo
l’urgenza di testimoniare più che parlare, di essere figure di riferimento,
soprattutto per i giovani, che percepiscano il fascino di abbandonarsi a questo
amore per Maria e di Maria. Nel mondo delle Exallieve ci sono diverse modalità
di appartenenza: chi ha solo il ricordo - molto spesso buono, ma a volte anche negativo
perché non ha incontrato questa “maternità” vissuta; chi ritorna perché ne ha
fatto esperienza. C’è poi chi sente la responsabilità di donare quanto ha
ricevuto e si impegna a dare a sua volta, a impegnarsi in cammino di vita
cristiana, di coerenza nel quotidiano, in famiglia, nel lavoro. Un ambito che
mi sembra importante, e su cui insieme potremmo lavorare anche con altri gruppi
della Famiglia salesiana è quello della famiglia sia come punto di forza come
pure di sostegno perché oggi c’è immenso bisogno di insegnare ai genitori a
fare i genitori.
Che cosa, secondo te,
l’Istituto delle Volontarie di don Bosco può donare alle FMA alla luce di
questo Seminario di studio?
Pina
- All’interno dell’Istituto stiamo riflettendo molto sulla dimensione
formativa, tanto che l’ultima Assemblea mondiale terminata nello scorso mese di
luglio aveva come tematica la formazione. Penso che sia uno stimolo a
rinnovarci continuamente, a vivere in stato di formazione permanente. Come
Volontarie non viviamo in comunità, ma siamo tenute a vivere la “comunione”.
L’apporto che, forse, possiamo dare è quello di aiutarci a trovare modalità
sempre più nuove e creative per vivere la comunione rivolte anche a chi -
proprio perché vive sotto lo stesso tetto - è magari più facilitata a
realizzarlo.
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